Mahāvatār, ovvero grande manifestazione divina, incarnazione sistemica o totale dell’aspetto divino di Śiva (Mahāvatar, tradizionalmente la più grande manifestazione divina, superiore al Purnāvatar, manifestazione divina piena e all’Hamsāvatar, mnifestazione divina parziale). Yogiśwara, il Signore degli yogin, presentato al mondo occidentale attraverso “autobiografia di uno yogi” di Paramahānsa Yogānanda, già conosciuto come Mahāvatar Babaji Gorakhshnāth (considerato tradizionalmente un avātara di Shiva), da cui deriva l’Hathayoga e la samprādaya dei 9 nath e degli 84 siddha, i Gorakhnāthi dalla quale deriva tutta la conoscenza originale, pratica e teorica dello yoga, inteso come sistema psico-fisico il cui impianto sono gli āsana, i prānāyāma, i bandha, le mudrā, i mantra, conseguentemente i krīya. Si è manifestato improvvisamente, in un corpo già adulto, ai piedi dell’Himalaya come Hairākhan Baba o Yogiraj Kanchopi Topa Baba dal 1800 circa per scomparire misteriosamente nel 1922 e tornare nel 1970 in una caverna del monte Kailash in un corpo di un giovane di circa 18 anni. Si racconta che restò 45 giorni in āsana senza né mangiare né bere e che 2 o 3 volte, prima un leone, poi un grande cobra, entrarono dentro la grotta e rimasero in sua presenza come se fossero animali domestici. Intorno al settembre del 1971 il governo indiano con una sentenza eccezionale, senza precedenti, lo identificò come l’incarnazione di Hairākhan Baba, riconoscendogli autorità sulle terre e sui possedimenti della sua vecchia incarnazione. Fondò così l’Ashram di Hairākhan, Hairākhan Viswa Maha Dham, riportando alla luce gli antichi rituali, le antiche pratiche, gli antichi mantra e le antiche conoscenze millenarie della metafisica vedica e tantrica; il dakshinamārga dello śaivasiddhānta (tra cui pūja e yajna), vāmamārga o sistema kulācāra, lo yoga originale dei nath e sottolineando l’importanza del maha mantra “Om Namah Śivāya”. Nel 1984 lasciò il corpo dopo aver identificato come suo successore e portavoce il Maestro Shrī Munirāji, che nel 2002 benedisse, a nome di Babaji, il lavoro di divulgazione di Jāri Yama, relativamente allo yoga originale e al tantra. Muniraji ha lasciato il corpo il 4 Agosto del 2012.
Babaji è la forma più alta di amore perché è vicinissimo a Dio e per molti quindi ancora incomprensibile.… L’eterno messaggio che manda al mondo è: Dio, Dio, Dio… È difficile comprenderlo perché è talmente elevato ed anche il suo amore è talmente intriso di sapienza che è una cosa complicata perfino da spiegare. Si racconta che anche i maestri in vita hanno seri problemi a gestire l’energia che egli emana, talmente alta è la sua potenza.
Non si sa dove sia nato, dove abbia trascorso la sua infanzia, da dove sia venuto, quale fosse la sua famiglia o se abbia mai avuto un padre o una madre. Apparve improvvisamente sulle rive del fiume considerato sacro, Gange, nudo con indosso solo un langoti per coprire i genitali, coperto di cenere, senza oggetti personali o danaro, ad Hairākhan (Uttarakhand, India), un piccolo villaggio in una valle del Kumaon, sulle pendici dell’Himalaya. Tale regione è da sempre sacra a Śiva ed è abitata da tempo immemorabile da santi e yogi indiani. Come suddetto dimostrava intorno ai vent’anni e forse meno, stava seduto giorno e notte, senza dormire, in āsana (postura yoga), a meditare e si nutriva con molto poco, solo alcune offerte di latte e frutta. All’inizio parlava raramente. Dopo circa tre mesi, seguito da un gruppo di devoti indiani, salì sulla cima del monte Kailash (monte sacro a Śiva, in cui si racconta vi sia, permanentemente, la sua presenza) e lì restò, come detto sopra, seduto in meditazione per 45 giorni. Con il tempo, cominciarono ad affluire ad Hairākhan per incontrarlo, devoti, dapprima indiani, successivamente di tutto il mondo, fino a formare il famoso ashram di Shrī Hairākhan Babaji, tuttora attivo. Shrī Babaji non è solo un maestro, ma è considerato in buona parte della tradizione mistica ed esoterica indiana e occidentale, il Maestro dei maestri, il Guru dei guru. Nella sua ultima manifestazione terrena ad Hairākhan dal 1970 al 1984, ha descritto con chiarezza il passaggio di ciclo planetario che ora stiamo, evidentemente, attraversando chiamandolo kranti o mahākranti ed essendo il Mahāvatār, lo ha fatto prima di tutti, in un’epoca in cui nessuno tra maestri incarnati e entità canalizzate ne parlava così chiaramente e diffusamente.