L’ashtānga yoga è il nome tradizionale dello yogadarśana, conosciuto anche come rāja yoga, l’unico sistema tradizionale dello yoga, ed è composto da otto (ashta) mezzi (anga) che, in ordine sono:
Molti fanno confusione, credendo che vi siano tanti yoga differenti, ma in realtà la prima classificazione documentata storicamente risalente a circa il XIII secolo d.C, è quella contenuta nel Dattātreyayogaśāstra, dove gli yoga tradizionali sono quattro: mantra yoga, laya yoga, hatha yoga e rāja yoga e dove il rāja yoga, in linea con i testi tradizionali da cui deriva la sistematizzazione definitiva dell’hatha yoga (Hathayogapradipika, Shivasamhitā, ecc.), è la cornice, il contenitore e l’obiettivo finale degli altri tre yoga che vengono considerati supplementari e ausiliari. L’ashtānga yoga è definito rāja yoga, nel senso di yoga regale, perché rappresenta lo yoga di riferimento, in quanto è la sistematizzazione più antica dello yoga, risalente al II secolo a.C. – IV secolo d.C. con il testo Yogasūtra attributo a Patanjali e alla sua scuola. L’ashtānga yoga è anche lo yoga principale descritto in un altro testo coevo al Dattātreyayogaśāstra, il Tirumantiram, ovvero il decimo volume di dodici del testo fondamentale del ramo meridionale del tantrismo, il Tirumurai. La terza sezione del Tirumantiram, ossia il terzo tantra, è dedicato tutto all’ashtānga yoga. In questo sistema tantrico meridionale, definito śaivasiddhānta (la dottrina finale, definitiva e perfetta di Śiva), Patanjali è annoverato tra i 18 siddhar (corrispettivo tamil del termine sanscrito “siddha”), insieme a Tirumular, l’autore stesso del Tirumantiram. Essendo l’ashtānga yoga lo yoga più antico, ha dato origine alla dottrina, alla prospettiva, alla scuola tradizionale dello yoga, definita, appunto, yogadarśana. In questo senso, lo yoga tradizionalmente è uno ed uno soltanto ed è uno dei sei sistemi (darśana) āstika (ortodossi) dell’induismo, nel senso che riconosce l’autorità divina dei Veda, per questo tutti i vari yoga, intesi come insieme sistematico di tecniche specifiche da agire sul corpo e sulla mente (āsana, prānāyāma, bandha, mudrā, mantra, kriyā) per ristabilire la connessione con l’ātman (samādhi), devono necessariamente, fare riferimento allo yogadarśana, ashtānga yoga o rāja yoga, decodificato da Patañjali, e dove gli altri tre yoga della tradizione (mantra, laya e hatha yoga), rappresentano fasi diverse del raja yoga. Esistono poi i cosiddetti yoga della Bhagavadgītā: karma yoga, jnana yoga e bhakti yoga, ma non sono da intendere come un sistema specifico, collaudato e consolidato, di tecniche come quelle suddette, ma eventualmente, rientrano all’interno dei primi due anga dell’ashtānga yoga, ossia yama e niyama. Karma yoga è l’essenza stessa di asteya e aparigraha, jnana yoga è possibile solo grazie a svadhiyāyā e il bhakti yoga è l’applicazione pratica di Īshvarapranidhāna. Per concludere, un altro yoga conosciuto in Occidente con il nome di kriyā yoga altro non è che la componente pratica dell’ashtānga yoga, appunto, mantra yoga, laya yoga e hatha yoga. Il sistema del kriya yoga fa costante riferimento all’ashtānga yoga, come dimostrato dai più importanti maestri tradizionali di kriyā yoga appartenenti agli ordini monastici tradizionali che hanno diffuso questo sistema anche in Occidente, i Daśanāmī Samnyāsī, è sufficiente vedere il primo testo diffuso in Occidente su questo argomento, “La scienza sacra” di Shri Swami Yukteswar Giri (Giri è uno dei dieci ordini monastici tradizionali). Il kriyā yoga è peraltro definito, per la prima volta, nel primo versetto del secondo capitolo degli Yogasūtra:
“Tapah svādhyāyeshvara pranidhānāni kriyā yogah”, ovvero, “Il calore risultante dalla pratica, lo studio delle scritture sacre, l’abbandono al Signore costituiscono il Kriyāyoga”.
Il kriyā yoga è per questo tradizionalmente conosciuto come rāja yoga o Brhamā vidya (la sapienza del Creatore).